Parlo in pubblico davanti a centinaia di persone, però mi vergogno di chiedere al passeggero seduto accanto a me, in treno, se – cortesemente, scusa, ti prego, non ti incazzare – mi fa passare perché, che ne so, devo andare in bagno, al vagone ristorante o solo a sgranchire le chiappe.
Mi vergogno talmente tanto che prenoto sempre lato corridoio e, quando l’agenzia si incasina e mi ritrovo accanto al finestrino, mi viene da star male appena il treno lascia la banchina. Visualizzo l’attimo in cui la mia vescica o la mia inquietudine da viaggio mi costringeranno a quella sconveniente richiesta e sudo.
Allora, un giorno di pioggia, turbata dai miei numerosi nonsense, mi sono messa seduta comoda e ho preso a esaminare con cura le motivazioni dell’imbarazzo. L’imbarazzo è il fratello nerd della vergogna, quello che non ha ancora i gradi da vergona effettiva, ma ci sta lavorando.
Ho…
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